Riprendiamo e concludiamo, in questo articolo, la decrizione delle vicende normative italiane legate all’applicazione della direttiva cd. Bolkestein, che avevamo iniziato in un primo articolo, sempre su questo sito. La storia non sembra prossima ad una svolta decisiva, sia per l’atteggiamento tuttora confuso del governo (nel Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa il tema è affrontato con una formula molto approssimativa) che per il perdurare degli effetti della pandemia Covid-19, la quale, come si vedrà, ha prodotto effetti anche nel settore delle concessioni. Daremo qui ovviamente conto di eventuali ulteriori sviluppi che dovessero intervenire.
Le proposte di sdemanializzazione
Il D.L. n. 78 del 2015 (articolo 7, commi 9-septiesdecies–9-duodevicies), convertito in legge dalla L. 125/2015, ha demandato alle Regioni una “ricognizione delle rispettive fasce costiere”, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori. Tale adempimento, da attuare entro 120 giorni dalla data di conversione, è propedeutico all’adozione della disciplina relativa alle concessioni demaniali marittime, prorogate al 31 dicembre 2020. Questa norma consentirebbe, secondo alcuni, di “sdemanializzare” le aree sulle quali insistono i manufatti costruiti negli anni dai concessionari sulle spiagge, proposta effettivamente molto caldeggiata da questi ultimi anche recentemente, per sottrarle definitivamente alla Bolkestein.
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 luglio 2016
La Corte di giustizia dell’Unione europea il 14 luglio 2016 emette la sentenza nelle cause riunite C-458/14 Promoimpresa S.r.l./Consorzio dei comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro e a. e C-67/15 Mario Melis e a./Comune di Loiri Porto San Paolo, nel cui punto fondamentale si dice che :“Il diritto dell’Unione osta a che le concessioni per l’esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di qualsiasi procedura di selezione dei potenziali candidati . Tale proroga prevista dalla legge italiana impedisce di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei candidati.”
Alla sentenza della Corte Europea il “legislatore” italiano risponde, ovviamente, con un’altra proroga, inserita stavolta nel “decreto Enti locali”, approvato definitivamente il 2.8.2016 (Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, recante “Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio”), ovvero la cosiddetta “norma salva-spiagge“ (art.24 – comma 3-septies) che rende valide le concessioni nonostante la bocciatura della proroga al 2020 da parte della Corte di Giustizia europea: “Nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione comunitaria per garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto, ed assicurare l’interesse pubblico all’ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità, conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25.”
Il DDL Costa
Prima di arrivare ai giorni nostri, con l’ultima proroga, si deve registrare la proposta di riordino del settore, presentata all’inizio del 2017 dall’allora Ministro agli Affari Regionali Enrico Costa ma mai approvata. Il disegno di legge delega del 27.1.2017, come accaduto in passato tentava di “aggirare” le normative europee e le prescrizioni dell’AGCM, per legittimare e consolidare in norma i “diritti acquisiti” dagli attuali concessionari. Nello stabilire i criteri da adottare per le procedure di messa a gara delle concessioni, il DDL garantiva infatti la “valorizzazione delle attività imprenditoriali” nonché il “riconoscimento e tutela degli investimenti, dei beni aziendali e del valore commerciale”, “[…]la professionalità acquisita nell’esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi, nonché lacuali e fluviali, per finalità turistico-ricreative” e un “adeguato periodo transitorio”.
La proroga al 2033
In piena sintonia con il passato, la legge di bilancio per il 2019 (legge 30 dicembre 2018 n. 145, art. 1 commi dal 675 al 685) ha disposto l’estensione della durata delle concessioni demaniali marittime per 15 anni dalla data di entrata in vigore della legge stessa (1° gennaio 2019), ovvero sino al 1° gennaio 2034. Nella legge il provvedimento viene motivato con lo scopo di garantire la tutela e la custodia delle coste italiane, nonché di proteggere l’occupazione e le imprese balneari, duramente colpite dai danni subiti per i frequenti eventi calamitosi e straordinari dovuti anche ai cambiamenti climatici. La stessa legge ha previsto l’emanazione di due DPCM applicativi: il primo, entro il 1° maggio 2019, per fissare i termini e le modalità per la generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime ovvero stabilire le modalità per la ricognizione di tutto il demanio costiero italiano (individuazione di tipologia e numero di concessioni, investimenti effettuati e tempi di ammortamento); stabilire i criteri per un nuovo modello di partenariato pubblico-privato per le concessioni turistico-ricreative, con una revisione organica di tutta la normativa vigente, incluso il Codice della navigazione; il secondo DPCM per stabilire i principi e le regole delle procedure di gara per l’assegnazione delle concessioni. Entrambi i DPCM non sono stati ancora adottati.
Covid-19 e concessioni balneari
Nel frattempo, la situazione di emergenza dovuta all’insorgere della pandemia Covid-19 ha costituito motivo per l’adozione di altri provvedimenti di rinvio dell’applicazione delle direttive europee. La legge 17 luglio 2020 n. 77 (che ha convertito il cd. “decreto Rilancio” di maggio 2020), art. 182 comma 2, recita che, ferma restando l’estensione al 2033, “per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall’emergenza epidemiologica da Covid-19”, le amministrazioni competenti non possono avviare procedure pubbliche concorrenziali per le concessioni. Da ultimo, nella conversione in legge del DL 17 marzo 2020 n. 18 (cd. “Cura Italia”), l’art. 103 comma 2, prevede che “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati […]in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.”