Alcuni esponenti di associazioni di categoria si dilettano ad interpretare, raccontandola come pare a loro, le sentenze emanate dagli organi di giustizia amministrativa che invece sanciscono l’esatto opposto rispetto a quanto dagli stessi divulgato liberamente alla pubblica opinione tramite “i social”. Un brutto vizio radicato da anni e che adesso si sta propagando a tappeto dopo le due sentenze dell’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.17-18 del 2021. Stiamo assistendo ad un vero e proprio divertente “bunga bunga” di castronerie giuridico-demaniali. Nessun problema, commenteremo ognuna di loro riportando sui binari della verità (e della decenza) quello che le pronunce giurisdizionali sanciscono nei loro contenuti. Ci siamo recentemente espressi sulla favola raccontata dai balneari a proposito della pronuncia del “Tar Lazio” (20 Ottobre 2021) che a loro dire, dando “ragione ad un gruppo di imprenditori” avrebbe confermato il legittimo affidamento delle concessioni”. Niente di più falso in quanto il TAR Lazio ha rigettato il ricorso per inammissibilità e se ne è ben guardato di affrontare la questione del legittimo affidamento. È stato confuso “il legittimo affidamento” con “l’ interesse legittimo pretensivo”….Questione da poco……dai…
Oggi ci occupiamo invece della sentenza pubblicata ieri, la n. 229 del 13.01.2022, dalla VI Sezione del Consiglio di Stato. Stiamo parlando della stessa sezione di Palazzo Spada che con la famosa pronuncia n. 7874 del 2019 ha “abbattuto” la Legge Centinaio (145-2018) con argomentazioni giuridiche ineccepibili poi riprese a cascata da tutta la produzione giurisprudenziale successiva tra cui le due sentenze “nomofilattiche” dell’ Adunanza Plenaria 17-18 del 2021. Basterebbe già questo a rivelare le “bufale” contenute negli slogan pubblicati “urbi et orbi” da alcuni rappresentanti delle associazioni di categoria, tipo: “Nel contempo non possiamo anche non evidenziare che il Consiglio di Stato, in una sentenza depositata oggi, contraddice quanto affermato nell’adunanza plenaria in ordine alla proprietà aziendale e all’applicazione della Direttiva Servizi alle concessioni vigenti anteriori 2009 (SIB Confcommercio); oppure “Il Consiglio di Stato di Stato legittima doppio binario: “direttiva servizi inapplicabile ai rapporti sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa (28 dicembre 2009)”(News Balneari):
Anche in questo caso partiamo dalla parte finale della motivazione della sentenza della VI Sezione di ieri: “ E comunque, a seguito delle statuizioni di cui alle sentenze dell’adunanza plenaria di questo Consiglio, 9 novembre 2021, nn. 17 e 18, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano a essere efficaci sino al 31 dicembre 2023. Come fa una sentenza, a dire dei balneari, “contraddire” quanto affermato dall’ Adunanza Plenaria, quando nella sua motivazione, di contro, riprende proprio il principio cardine espresso dalle due pronunce n.17 e 18 della “Plenaria”, e cioè che l’ efficacia delle concessioni termina il 31.12.2023 ? E dove sarebbe l’ accenno alla “proprietà aziendale” in contrasto con quanto sostenuto dalla “Plenaria” ? Mistero…La VI sezione ha solamente confermato un principio ormai consolidato e cioè che per l’ incameramento ex art. 49 C.N. ( articolo vivo e vegeto) è necessario la “effettiva cessazione della concessione”, situazione non conformatasi fino a quando sono in essere le proroghe…
La seconda “bufala” è tesa a riprendere un principio già smentito dalla giurisprudenza in materia e dalla stessa “Plenaria” del 9 Novembre u.s., e cioè quello della presunta inefficacia-inapplicabilità della Bolkestein ai rapporti nati ante il recepimento della stessa nell’ ordinamento italiano e tutt’ora vigenti. Della serie, a detta dei balneari, le concessioni nate ante 2009, quindi 2008-7-6-5 e ad oggi in vigore non possono entrare nella sfera di efficacia della “Direttiva Servizi”. Secondo questi “commentatori” la VI Sezione di ieri avrebbe affermato questo nel presente passaggio: << 6.7 Da ultimo, occorre pronunciare sul denunciato contrasto della decisione appellata con il diritto eurounitario sul rilievo che l’automatismo della proroga/rinnovo sarebbe contrario all’art. 12 Direttiva 2006/123/CE e alla sentenza Corte di Giustizia, Sez. V, 14 luglio 2016, Promoimpresa S.r.l. e Melis, C-458/14 e C-67/15. La censura è inammissibile per difetto d’interesse. Come sottolineato dal ricorrente appellato, i canoni per cui è causa sono stati liquidati anteriormente al 28 dicembre 2009 e nel vigore dell’ultimo rinnovo disposto anteriormente alla medesima data. Oltretutto il rapporto concessorio s’è costituito in data anteriore alla scadenza del termine di trasposizione (d.28 dicembre 2009) della Direttiva Servizi 2006/123/CE, ed anche il rinnovo di cui alla concessione n. 1/2007 è stato disposto anteriormente a detto termine. Da cui l’inapplicabilità della Direttiva Servizi ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa.>>
Leggendo il caso esaminato, la VI sezione ha esclusivamente confermato, correttamente, il principio di successione di leggi del tempo e cioè che Direttiva Bolkestein ( ius superveniens di derivazione comunitaria) non si poteva applicare retroattivamente a rapporti nati prima del suo recepimento e cioè a quei rapporti oggetto al caso di specie (canoni contestati ante 2009). Essa invece è piamente efficace per quella parte del rapporto “di durata” (com’ è quello nato da una concessione amministrativa) successivo alla sua entrata in vigore e che ad oggi è in essere. Della serie: la sopravvenienza normativa (in questo caso di una direttiva europea self executing) incide sulle situazioni giuridiche durevoli (concessioni) per quella parte del rapporto che si svolge successivamente alla sua entrata in vigore senza avere nessun tipo di effetti per quelle parti che invece si sono conformate e definite prima della sua entrata in vigore. Tutto qui.
Avv. Roberto Biagini – Presidente Co.Na.Ma.L.