Le spiagge sono un bene collettivo prima che un bene economicamene sfruttabile. La pianificazione per l’uso degli arenili deve soddisfare innanzitutto la domanda sociale e la tutela ambientale e deve essere perciò un processo partecipato che coinvolga tutti i cittadini. In tal senso Mare Libero ha già iniziato interlocuzioni con alcuni Comuni.

Mare Libero da anni si batte per una gestione del demanio marittimo attenta ai diritti dei bagnanti e dei lavoratori, e alla tutela della Natura. In quest’ottica, nello spirito della nostra Carta Costituzionale, dell’ordinamento eurounitario e coerentemente con l’approfondimento giuridico e giurisprudenziale portato avanti dalla nostra Associazione, si avanzano le seguenti proposte operative per il riordino del demanio, relativamente alle competenze comunali, a partire da questi presupposti:

  • tutte le concessioni illegittimamente prorogate sono da considerarsi prive di effetto[1];
  • Ai sensi della legge 118/2022, la proroga tecnica fino al 31 dicembre 2024, è ammissibile solo nell’ipotesi in cui il Comune abbia già avviato le procedure di gara entro il 31 dicembre 2023 e solo in presenza di ragioni oggettive che abbiano impedito di portare a termine le procedure di gara entro il 31.12.2023[2];
  • non costituisce ragione oggettiva in tal senso, la mancata emanazione del decreto attuativo della legge 118/2022, e quindi le proroghe sono illegittime anche nelle more di un riordino nazionale della materia; nell’eventuale predisposizione dei bandi di gara, i comuni possono infatti già prevedere la facoltà di modificare unilateralmente i termini concessori alla luce di eventuali sopravvenienze normative sovraordinate vincolanti, fatta salva, laddove prevista, la facoltà di recesso in capo al concessionario;
  • non costituisce ragione oggettiva neanche l’esistenza di una norma regionale che subordini l’indizione dei bandi per l’assegnazione di nuove concessioni all’adozione del Piano Spiagge: non per questo il Comune può essere autorizzato a prorogare concessioni già scadute[3]. In assenza di apposite previsioni (come la facoltà di rilasciare, comunque previa gara, concessioni temporanee[4]), dovrà quindi adoprarsi per gestire le spiagge internamente, almeno nelle more dell’adozione del Piano;
  • eventuali proroghe o assegnazioni operate a seguito di semplice pubblicazione di un avviso sull’albo comunale, anche se suggerite da eventuali leggi regionali (cd. pratica dei “rende noto”), non rispondono ai criteri minimi di trasparenza e imparzialità per le procedure di assegnazione previsti dal combinato disposto del nostro ordinamento e di quello eurounitario[5];
  • pensare che alla necessità di tutelare il reddito di persone per cui la concessione balneare è stata per decenni l’unica fonte di sostentamento si possa rispondere solo perpetuando un sistema di privatizzazione di fatto delle nostre coste, significa rinunciare a svolgere l’alta funzione di amministrare la cosa pubblica nell’interesse comune. In questo testo proveremo ad indicare la strada che, a nostro avviso, possa meglio saldare in una visione d’insieme la necessità di un cambio di paradigma nella gestione del demanio e quella di coinvolgere in questo processo le migliori energie, quelle di chi ha lavorato onestamente e in prima persona sulla spiaggia e che sia disposto a prendere consapevolezza di non poter rivendicare alcun diritto su un bene prezioso, che ha avuto l’onore di poter curare per molto, forse già troppo tempo.

 

PROPOSTE OPERATIVE CHE VERRANNO INOLTRATE AI COMUNI CON RICHIESTA DI PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DI MARE LIBERO AI PROCESSI DI ELABORAZIONE DEI PIANI SPIAGGIA E DEI BANDI DI GARA

preliminarmente:

  1. è necessario dare tempestiva attuazione all’art.49 del codice della Navigazione, individuando le strutture che, a prescindere dalla loro regolarità urbanistica o catastale, il Comune intende far rimuovere a spese del concessionario uscente[6] (auspichiamo siano il più possibile!), e quelle per le quali si dovrà procedere all’incameramento a testimoniale di Stato da parte dell’Agenzia del Demanio;
  2. si auspica che il Comune voglia gradualmente procedere all’internalizzazione dei servizi connessi alla balneazione[7], ricorrendo all’istituto della concessione demaniale marittima solo in via residuale ed eccezionale, nello spirito della Costituzione, la quale elegge i beni demaniali alla libera fruizione e al libero godimento da parte dei cittadini e delle cittadine;
  3. pur nell’ottica di una riduzione sostanziale dell’impatto antropico sulle coste, è necessario, per quanto di competenza del Comune, adeguare il rango della valenza turistica del litorale, per garantire una maggiore rispondenza tra incassi e canone demaniale.

Il Piano Spiaggia (o Piano della Costa, Piano degli Arenili, Piano di Utilizzazione degli Arenili,  Piano di Utilizzazione delle Aree Demaniali o altra denominazione utilizzata dall’Amministrazione locale) deve prevedere:

  1. che siano avviati i dovuti iter di co-programmazione e co-progettazione, che coinvolgano attivamente gli enti del terzo settore impegnati nella tutela dei lavoratori, dei bagnanti, dei consumatori, dell’ambiente[8] e tutti gli enti attivi nelle materie elencate nell’articolo 5 del Codice del Terzo Settore;
  2. una quota minima di spiagge riservate alla libera fruizione in ciascun ambito urbanisticamente omogeneo del Comune. Tale quota minima non dovrebbe attestarsi al di sotto del 50% (legge 296/2006 – “corretto equilibrio” – e 118/2022 – “adeguato equilibrio”) al contempo dei metri lineari e della superficie degli arenili efficientemente collegati con il trasporto pubblico, e prospicienti acque ben raggiungibili e balneabili;
  3. alternanza tra spiagge libere (o libere attrezzate) e spiagge in concessione;
  4. che, in aggiunta alla quota di cui al punto 5, e oltre a quella antistante alla battigia già prevista per il libero transito, sia sempre prevista un’ulteriore fascia di almeno 3 metri (che può crescere in base alla lunghezza longitudinale dell’arenile), da riservare alla libera fruizione, anche laddove sulla spiaggia retrostante insistesse una concessione balneare;
  5. il divieto di barriere visive e architettoniche per l’accesso alla spiaggia e al mare, anche nel rispetto della legge 104/92, che vincola il rilascio di concessioni demaniali marittime alla visitabilità degli impianti e alla possibilità di accesso al mare per le persone con ogni tipo di disabilità;
  6. un progetto morfologico dettagliato del litorale, al fine di abbattere i costi di progettazione e favorire così l’accesso ai bandi delle piccole imprese locali, nonché con lo scopo di realizzare un fronte mare architettonicamente omogeneo e maggiormente conforme alle esigenze sociali e di tutela del paesaggio;
  7. processi di graduale rinaturalizzazione, per favorire un più diretto contatto dell’Essere Umano con la Natura e una miglior tutela dell’ecosistema spiaggia, che costituisce l’unica vera difesa dall’erosione costiera e dall’innalzamento del livello del mare[9]. A tal fine, sarà auspicabile prevedere l’installazione unicamente di strutture di facile rimozione, in modo tale che possano essere rimosse al termine di ogni stagione estiva, per ottenere una riduzione significativa dell’irrigidimento della costa, presupposto irrinunciabile per la tutela delle spiagge, come già si è capito nella quasi totalità dei Paesi UE;

nei bandi:

  1. si deve prevedere che la durata massima delle concessioni venga fissata in non più di 6 anni[10] (in casi eccezionali fino a 10[11], laddove siano previsti interventi di riconversione delle strutture fisse in strutture amovibili ecocompatibili e/o per la rinaturalizzazione degli arenili).
  2. non può essere previsto un prolungamento della concessione[12] per investimenti volti alla realizzazione di nuove strutture fisse o di strutture che comunque non siano strettamente attinenti alla balneazione (palestre, piscine, aree wellness, negozi ecc.);
  3. deve essere fissato il limite di assegnazione ad ogni soggetto a non più di una concessione nell’ambito dello stesso Comune;
  4. non possono essere previsti punteggi di merito per l’eventuale esperienza tecnica e/o professionale acquisita nel settore balneare[13];
  5. al concessionario uscente non dovrà essere corrisposto nessun indennizzo per “legittimo affidamento”, per il “valore aziendale dell’impresa” o per “avviamento commerciale”[14];
  6. dovrà essere preclusa la partecipazione alle gare ai concessionari uscenti che abbiano violato leggi o altre disposizioni, in particolare in materia fiscale, di tutela del paesaggio, del lavoro e quelle individuate dall’art. 47 del Codice della Navigazione;
  7. dovrà essere preclusa la partecipazione alle gare a chiunque sia titolare di posizioni debitorie nei confronti dell’erario;
  8. devono essere esclusi lo spianamento e la possibilità di pulizia e vagliatura con mezzi meccanici invasivi, al fine di salvaguardare i depositi di origine naturale e tutto l’ecosistema spiaggia;
  9. è auspicabile che sia favorita l’assegnazione nei confronti di enti senza scopo di lucro, di cooperative di lavoratori o sociali, o di altri enti vocati alla difesa delle fragilità;
  10. deve essere prevista una calmierazione dei prezzi dei servizi tale da renderli accessibili a tutte le fasce sociali;
  11. deve essere prevista una clausola sociale per la salvaguardia dei posti di lavoro, anche prevedendo percorsi di regolarizzazione o garanzie di ri-assunzione rivolte a chi ricavasse dal lavoro (e non dalla sola attività di impresa) nell’ambito di una concessione demaniale marittima, la principale fonte di reddito per il proprio sostentamento.

Si rileva, in conclusione, come il modello italiano, in cui si esclude dalla libera fruizione una porzione così rilevante del bene pubblico per eccellenza, costituisca un unicum nel panorama mondiale. Siamo convinti che la politica non possa che guadagnare, in termini di consenso diffuso, dalla conversione del nostro sistema spiagge in un sistema che, pur erogando tutti i servizi essenziali, non vieti più alle persone di posizionarsi liberamente su un tratto di arenile. Si tratta di un approccio che eliminerebbe ogni soluzione di continuità tra le nostre città e il proprio fronte mare, favorendo l’affaccio e la proiezione della socialità verso un luogo reso finalmente ovunque aperto e vivibile. In questo contesto, è necessario che le istituzioni si facciano carico della regolarizzazione, della stabilizzazione e soprattutto della riconversione dei posti di lavoro del settore verso l’erogazione di servizi maggiormente attinenti all’ambiente costiero, come la pulizia e la vagliatura manuali, l’escursionistica, gli sport acquatici. Siamo sicuri che un Mare più libero sia anche un mare più attrattivo, che le persone possono imparare a riscoprire nella sua vera essenza e naturalezza, e non più come un luogo artefatto, camuffato, chiuso.

————————————————————————————————————————–

[1] Sent. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.17 e 18/2021; tra le altre, Sent. Consiglio di Stato VII sez. n.3940/2024.

[2] Sent. Consiglio di Stato, Sex VII, m.4480/2024, in particolare paragrafo 57.

[3] Sent. Consiglio di Stato, Sez VII, n.6699 del 7 luglio 2023.

[4] Come p.e. quelle previste dall’art.19 comma 3 del Regolamento della Regione Lazio n. 19/2016.

[5] p.e. Sent. Consiglio di Stato, Sez. VII, n.10455 del 4 Dicembre 2023. Si rileva una differente interpretazione, secondo cui il ricorso al “rende noto” garantirebbe il rispetto delle norme eurounitarie in materia di concorrenza, ad opera del solo TAR Bari. Rimane tuttavia consolidato il principio enunciato dal Consiglio di Stato, che prevale su quello dei Tribunali Regionali.

[6] Si veda sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla causa C-598-2022 dell’11 luglio 2024 che conferma la compatibilità dell’articolo 49 del codice della navigazione con il diritto eurounitario. Non rileva, poi, l’eventuale abrogazione dell’articolo: infatti, l’articolo stesso prevede la facoltà di deroga fra le parti (Comune e Concessionario), facoltà che non risulta essere mai stata esercitata.

[7] I fondi da destinare a questo scopo, possono essere ricavati dal noleggio di ombrelloni e lettini, di attrezzature sportive, dall’esercizio di piccola ristorazione.

[8] Il Codice del terzo Settore (Decreto Legislativo n.117 del 2017), in particolare all’art.55 stabilisce che “le amministrazioni […] nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento”. Tale previsione costituisce non tanto una facoltà, quanto un dovere in capo all’amministrazione: pertanto i provvedimenti assunti in assenza di tale determinante passaggio, sono soggetti ad impugnazione.

 [9] Si vedano le “Linee Guida Nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici”, elaborate nel 2017 dal Tavolo nazionale Erosione Costiera tra MATTM e Regioni con il coordinamento tecnico di ISPRA (http://www.erosionecostiera.isprambiente.it/files/linee-guida-nazionali/LG_doc_2InquadramentoNormativo.pdf , versione online il 05 luglio 2024)

[10] Decreto-Legge n.400/1993 art.3 comma 4-bis.

[11] Il citato Decreto-Legge 400/93 prevede la possibilità di estendere la durata della concessione fino a 20 anni, “in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare”; auspicando che codesta amministrazione non preveda la realizzazione di opere di particolare rilevanza economica, al fine di favorire la partecipazione ai bandi di piccole imprese nonché di ridurre la pressione antropica sul litorale, Mare Libero evidenza come non sussistano quindi i presupposti necessari a giustificare una durata così lunga.

[12] Sentenza Corte Cost. n.180 del 20 maggio 2010; Sent. Cons. di Stato n.10378/2023.

[13] Tale criterio, come evidenziato anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, non risponde a regole basilari di imparzialità e concorrenza, favorendo i concessionari uscenti, avvantaggiati anche dalla lunga detenzione delle concessioni grazie a diverse proroghe illegittime, e discriminando potenziali operatori che non abbiano potuto godere di tale ingiusto vantaggio.

[14] L’indennizzo è esplicitamente escluso dalla Sentenza della Corte UE del 14.7.2016 (Promoimpresa, Melis). L’eventuale ammortamento degli investimenti sostenuti dovrà, ove ne ricorrano i presupposti, costituire oggetto di considerazione “in sede di indizione delle procedure competitive di assegnazione delle concessioni” (sentenze Consiglio di Stato 17 e 18 del 9.11.21 e 2662, 2664 e 2679 del 19.03.2024). In particolare, l’indennizzo può essere previsto solo rispetto ad investimenti realizzati in un periodo temporale antecedente alla scadenza originariamente prevista dall’atto di concessione, ovvero durante un periodo in cui “il titolare dell’autorizzazione poteva legittimamente aspettarsi il rinnovo della propria autorizzazione” (Sent. CGUE 14/07/2016 n.C-458/1); l’indennizzo, quindi, deve essere di certo escluso rispetto agli investimenti effettuati dopo la scadenza originaria del titolo, mentre, cioè, il concessionario si avvaleva di una proroga illegittima, e comunque può essere riconosciuto solo nella misura in cui si possa dimostrare il mancato ammortamento dell’investimento in questione.